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La biblioteca

La biblioteca dell’Archivio di Stato di Massa, consultabile dagli utenti dell’archivio, come già previsto dal R.D. del 1911, n. 1163, artt. 108/110, ha una consistenza di 14.500 unità bibliografiche (2.269 sono collocate presso la Sezione di Pontremoli), di cui 4.420 annate di periodici, per complessive 365 testate, cui si aggiunge una raccolta di disegni e stampe di 69 unità.Oltre a pubblicazioni di materia archivistica, a sussidio delle attività del personale dell’archivio, e varie raccolte legislative, possiede opere generali di consultazione, di tipo enciclopedico o repertoriale, corredo indispensabile a qualsiasi ricerca storica; inoltre raccoglie pubblicazioni di interesse storico locale, che acquisisce tramite dono, acquisto diretto, o riceve per diritto di copia dagli autori che hanno utilizzato il materiale documentario.

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Le raccolte bibliografiche si costituirono a partire dalla fondazione dell’istituto nel 1887, e crebbero parallelamente allo sviluppo delle raccolte archivistiche. Il primo nucleo si deve infatti al primo direttore Giovanni Sforza e rappresenta così ancora oggi significativa testimonianza della sua erudizione e grande cultura storiografica.

In particolare la Biblioteca lunigianese raccolta per cura del direttore Giovanni Sforza (così i volumi appaiono contrassegnati), anche se oggi purtroppo in gran parte disciolta nel resto della raccolta, è ancora individuabile; lo Sforza fornì alla biblioteca molti classici della storiografia, strumenti bibliografici propri della ricerca storico-istituzionale e della storia del diritto, oltre ad importanti testate di riviste storiche e periodici culturali nazionali e locali, ma un’attenzione particolare riservò alla produzione bibliografica di interesse locale, di ogni epoca secondo l’idea guida di un’ampia bibliografia locale retrospettiva, che comprendesse anche opere letterarie e scientifiche. Alla stessa appartenevano inoltre i manoscritti cui è oggi riservata una sezione archivistica.

Muovendo da un’ottica documentaria, lo Sforza collezionò edizioni antiche, inserendole nello stesso ordinamento; si tratta di edizioni in moltissimi casi rare, che datano dal XV al XVIII secolo, la gran parte delle quali trova attualmente posto all’interno della sezione “rari e preziosi” della biblioteca. Tale sezione consta di 114 edizioni di cui 2 incunaboli e 43 cinquecentine e se la parte più cospicua è costituita da opere di storici, non mancano opere di diritto, politica, filosofia e letteratura. Tra le cinquecentine sono consultabili classici della storiografia, come ad esempio i Commentaria urbana di Raffaele Maffei (Volterrano), nell’edizione lionese in folio di Sébastien Gryphe del 1552, o i Fatti di Alfonso d’ Aragona di Bartolomeo Fazio, nella traduzione in volgare di Giacomo Mauro (Venezia, Giolito de’Ferrari, 1579), così come Philippe de Comines tradotto da Lorenzo Conti (Genova, eredi del Bartoli, 1594). Inoltre I cinque libri de le antichità de Beroso sacerdote Caldeo di Giovanni Nanni da Viterbo (Annio), traduzione volgare di Pietro Lauro Modenese, dei Commentaria super opera diversorum auctorum de antiquitatibus, pubblicata a Venezia nel 1550 da Baldassarre Costantini.

Da segnalare per rarità un esemplare del De bello hispano di Iacopo Bracelli da Sarzana del 1477: incunabolo privo di note tipografiche, ma stampato probabilmente a Milano. Ma si trovano nella raccolta opere di annalisti, genealogisti, agiografi e storici di interesse più direttamente “locale”: dal Diacono Leboino, con una edizione del Busdraghi di Lucca del 1582 della Historia del Santissimo volto di S.Croce di Lucca , tradotta da Iacopo Ciuffarini, a Tolomeo Lucense (Bartolomeo Fiadoni) con i suoi Annales in una edizione seicentina (Lione, Roussin, 1619), alle cinquecentine delle opere di Tommaso Porcacchi ed Innocenzo Cybo Ghisi, presenti come storici delle famiglie Malaspina e Cybo, così come Francesco Maria Vialardi e, nel secolo successivo, Giulio Dal Pozzo. Tra essi si può inoltre ricordare Giuliano Lamorati, con la Vita di Papa Nicolò V di Sarzana e con le Historie di Lunigiana: entrambi i volumi pubblicati a Massa da Girolamo Marini, rispettivamente nel 1679 e nel 1685.

Ben rappresentati risultano anche i giuristi, sia per quanto riguarda il diritto civile che quello ecclesiastico. Ad esempio, tutti lunigianesi, ma di fama ben più che locale, Venturino Vasoli, Giuseppe Mascardi, Borgnino Cavalcani, Alderano Mascardi, Alessandro Trombetta, Pietro Cavallo e Francesco Cicala. Per il diritto canonico sono presenti tra gli altri Giovan Battista Bracelli e Prospero Spinola, vescovi in diverse epoche della diocesi di Luni-Sarzana. Tra le fonti giuridiche statutarie non lunigianesi (essendo agli statuti lunigianesi riservata una sezione archivistica), edizioni del cinquecento degli Statuti e delle Leggi di Lucca, di Modena, degli Statuti di Berceto e di Genova: questi ultimi posseduti in edizioni diverse, tra cui si segnala la prima a stampa, curata da Antonio Maria Visdomini di Arcola cioè l’incunabolo stampato a Bologna dal tipografo Caligola Bazalieri nel 1498.

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Per quanto riguarda poi gli autori politici ed i moralisti troviamo, in edizione datata 1599, il Trattato della religione e virtuti che deve havere il principe christiano, di Pietro Ribadeneyra, tradotto da Scipione Metelli di Castelnuovo di Lunigiana (Brescia, Compagnia Bresciana) e poi opere di Stefano Antonio Schiappalaria e di Agostino Mascardi. In questa sezione, come già accennato, risultano rappresentati anche letterati, specie se nativi della Lunigiana (o che siano stati ritenuti tali), come ad esempio Aulo Persio Flacco, presente con ben cinque diverse edizioni delle Satirae, e poi i poeti: Paolo Belmesseri “Pontremulanus” (che fu anche medico e filosofo), con l’edizione parigina dell’Opera poetica (Simon de Colines, 1534), Venturino Vasoli “Fivizanensis” (che fu anche giurista) e Pietro Vasoli, anch’essi con edizioni cinquecentine, così come un altro fivizzanese, accademico della Crusca oltre che medico e filosofo: Giovanni Talentoni, con la sua Lettione fatta da lui sopra ‘l principio del Canzoniere del Petrarca e recitata nella famosa Accademia fiorentina’ (Firenze, Filippo Giunti, 1587). Per il seicento, si può segnalare la presenza di quattro edizioni di opere del poeta Francesco Berrettari “Carrariensis” (Massa, Girolamo Marini, 1673, 1678 e 1693; Lucca, Marescandoli, 1693) e di Nicola Margaritoni, con il suo poemetto celebrativo della famiglia Cybo, Anfiteatro di eroi Cybo (Massa, Girolamo Marini, 1678).

Oltre ad edizioni cinquecentine di autori quali Pietro Bembo o Francesco Porta, troviamo le Epistolae et praefationes di Paolo Manuzio, umanista editore, pubblicate “In Academia Veneta” nel 1558 (anno di fondazione della stessa), dedicata al principe Alberico I Cybo Malaspina, come è dedicata allo stesso Alberico “di Massa Principe“, la traduzione italiana di Giovanni Giudici de Le vite delli più celebri et antichi primi poeti provenzali, di Jean De Nostre Dame (Lione, Alessandro Marsili, 1575).

Non mancano nella raccolta i filosofi e i naturalisti, con edizioni cinquecentine di Aristotele, Plinio il Vecchio, tradotto da Ludovico Domenichi con dedica ad Alberico I (Venezia, Alessandro Griffio, 1580), oltre al Dialogo del flusso e reflusso del mare di Girolamo Borri, pubblicato dal tipografo Busdraghi di Lucca nel 1561 (opera dedicata anch’essa ad Alberico I Cybo Malaspina e ad Isabella della Rovere sua consorte, e che sarà poi citata dal Galilei).

Alle raccolte bibliografiche si aggiunge una piccola, ma preziosa collezione di disegni e stampe, di cui si segnala una serie di 55 disegni di autore anonimo del XVII secolo, raffiguranti possedimenti dei Cybo Malaspina, di cui 27 rappresentano vedute del Principato di Massa e del Marchesato di Carrara, con le rispettive frazioni collinari, e gli altri vedute dei Ducati di Ayello e di Ferentillo. Si tratta di vedute disegnate a penna, molto probabilmente commissionate dai Cybo Malaspina a scopo prevalentemente documentario, che costituiscono oggi una preziosa fonte iconografica per gli studi storici.

Altrettanto si può dire per la serie delle 18 vedute a penna ed acquerello di Saverio Salvioni (1755-1833), artista massese di formazione toscana e romana, eseguite a partire dal 1810, che rappresentano le cave di marmo carraresi e documentano puntualmente, in una suggestiva cornice paesaggistica di sapore romantico, le attività di estrazione e di lavorazione del marmo che vi si svolgevano.

Il servizio di biblioteca dispone oggi di cataloghi per autore e per soggetto, informatizzati per la sezione di storia locale e per la parte generale corrente (accessioni a partire dal 1997), mentre il catalogo della sezione “rari e preziosi” e quello generale retrospettivo, sono in corso di informatizzazione. La catalogazione è effettuata secondo le REICAT (Regole italiane di catalogazione), lo standard internazionale ISBD CE, e le indicazioni diffuse dall’ICCU per la catalogazione delle edizioni del XVI secolo.

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Ultimo aggiornamento

20 Gennaio 2022, 09:37